Siamo nella Merma


Si esatto, non ho scritto Merda, e neppure Melma. Nella Merma, nuovo sostantivo che disegna il profilo di chi lavora nella cultura e peggio nell’arte. Siamo galleggianti e natanti su questo misto viscido e putrido e fetido.

Molta della colpa della situazione della cultura italiana è dovuto al governo e all’imperativo televisivo che schiaccia e risucchia tutti gli artisti e i cervelli privandoli di capacità critica, di capacità di raffronto e di pensiero autonomo.

Mi capita purtroppo come attore di partecipare a situazioni disdicevoli e sgradevoli che fanno parte intrinseca e imprescindibile del mio lavoro. In ogni fase del rapporto personale con il proprio lavoro mi ritrovo a vedere anomalie gestite sotto forma di emergenza e di tutela del mestiere dell’Arte Drammatica.
Vediamone alcuni aspetti:

Da che il mondo gira e il sole è al centro del nostro sistema planetario, un attore per ottenere una parte, e lavorare all’interno di un evento che preveda l’Arte Drammatica, deve sottoporsi a un Provino. Questo provino può svolgersi facendo vedere un monologo, nell’esercizio di un attore che si presta ad essere cesellato e manovrato da un capocomico-regista, semplice conoscenza. Insomma uno scambio tra due entità (attore-regista) che porta alla dichiarazione d’intenti per lavorare insieme in maniera artistica e produrre un evento teatrale. Essendo interesse di entrambi conoscersi e decidere se si voglia lavorare insieme, il provino è sempre stato in forma gratuita. Quando l’intento artistico delle due parti confluisce in lavoro si stipula un contratto che prevede (in genere) le giornate di lavoro, il ruolo, e il compenso.

Le prove servono all’attore per trovare la memoria del testo e la memoria fisica che servono ad inscenare il dramma. Il lavoro del regista sta nell’orchestrare attori e suppellettili artistiche (scene, luci, macchine…) in maniera tale che la comunicazione sia chiara e leggibile tra quello che accade sul palcoscenico e il pubblico che lo osserva. Il lavoro delle prove serve ad attuare il processo artistico dinamico che porterà alla ripetibilità dell’evento teatrale, in modo che chiunque in qualunque replica possa usufruire del medesimo messaggio proveniente dal palcoscenico. Questo è il lavoro creativo più puro e anche il più difficile. Da quando il sole sorge sul nostro pianeta le prove sono a carico della produzione  e tutelano agli artisti una retribuzione tale da permettergli di vivere senza doversi dedicare ad attività estranee al lavoro svolto in teatro.

Lo spettacolo è il punto di massima espressione. In questo momento del patto artistico, l’attore si vede responsabilizzato a fornire il disegno e il messaggio del regista attraverso il testo ed attraverso il proprio operato, portando al pubblico il frutto del proprio lavoro. La messinscena è di per se logorante dal punto di vista fisico, psichico e per questo viene retribuito il lavoro dell’attore.

Alla fine delle repliche pattuite e concluso il legame contrattuale gli artisti (attore-regista) decidono se incontrarsi ancora artisticamente o meno a discrezione personale.

Questa è la normale, civile e sana vita lavorativa di un attore e di un regista.

Quello che accade oggi è:

Vuoi fare un provino? Benissimo vieni a fare un laboratorio con me dove paghi in media 200-400 euro per una settimana in cui ci conosciamo e capiamo se vuoi lavorare con me e viceversa.

Vuoi provare uno spettacolo con me, e non ti do garanzia se lavorerai realmente nello spettacolo? Segui tutti i miei laboratori, i primi li paghi sempre 200-400 euro a settimana, poi se la cosa va bene, potrai seguirli in maniera gratuita (magnanimità).

Vuoi fare lo spettaoclo? Posso garantirti la minima, non puoi chedermi di più, meglio se in nero e non ti pago i contributi. Nel senso, se proprio vuoi fare lo spettacolo ti do 50 euro a replica e sentiti fortunato perchè c’è crisi e almeno tu puoi lavorare e sfogare il tuo senso edonistico dell’arte.

La risposta è spontanea VAFFANCULO!!!

Non tollero questo atteggiamento e questo sistema. Gli attori provano a ribellarsi a questo sistema ma si dicono “se non accetto io qualcun’altro accetterà”, e si gioca a ribasso, allo sfruttamento più nero e siamo arrivati a pagare per dover lavorare, “per soddisfare un piacere edonistico”. Ma che piacere, quando alla padrona di casa devi dire che non hai soldi, saltano i contatori perchè non paghi le bollette? Chi è figlio d’arte, o di papà, può permettersi di pagare per lavorare e poi forse un giorno verrà chiamato, ma gli altri no. Non c’è equità sociale, non c’è dignità in tutto questo. Tutti gli attori che conosco si dicono di sinistra ma vivono e sguazzano nell’imparità sociale e ingiustizia sociale. Questo non è accettabile, e non si può continuare a guardare solo nel proprio piatto.

Tutti coloro che vivono nel mondo del teatro e si sono indignati per il Sì detto a Mirafiori devono vergognarsi, e riflettere che loro a Mirafiori ci abitano da un po’ di anni e che devono farci i conti. Azioni e non parole vane. Rispondere alla crisi dei valori e dell’atteggiamento teatrale come si è sempre fatto non basta, andare a recitare in teatri vuoti e abitati da attori che per disoccupazione fanno gli spettatori è riprovevole oltre che terribilmente triste.

Si è riusciti a scioperare un solo giorno per 6 ore per opporsi a una gestione criminale e stupida (oltre che miope) della cultura. Mi aspettavo fiamme, fuoco e lotta dura. invece nulla, con l’arrivo dei panettoni svanisce ogni fiamma e lotta. Dove sono finiti gli attori e gli artisti incazzati che quando sono fra di loro alzano la voce e si scaldano? Scendiamo in Piazza, usciamo dai teatri e dal cinema e lavoriamo solo in strada. Ribelliamoci e lavoriamo su libero contributo ma fuori dai luoghi designati a fare arte. Solo allora potremo forse dire qualcosa in più e riprendere la gente intorpidita da anni di idiozie televisive.

Se la gente non viene a teatro non è solo perchè gli spettacoli fanno schifo, ma anche perchè parliamo parole di altre necessità. Sveglia e uniti torniamo a lottare, ma nel modo giusto!

12 pensieri riguardo “Siamo nella Merma

  1. Già. MAI lavorare gratis. A meno che non si abbiano meno di vent’anni o non si stia lavorando per se stessi.

    Chi non vuole pagare per il lavoro altrui deve ritrovarsi con gli scarti degli scarti, altro che “se non accetto io qualcun’altro accetterà.

  2. E’ veramente avvilente leggere queste cose e in un certo senso mi spiego anche il motivo per cui i talenti teatrali vadano scomparendo. Sempre più spesso capita di assistere a rappresentazioni con grandi nomi, contornati però dal piattume assoluto… credevo che fosse colpa delle raccomandazioni ma leggendo quello che scrivi mi rendo conto che solo un figlio di papà doc può permettersi di fare l’attore. Come diceva T.S.Eliot, “il progresso dell’artista è un continuo sacrificio”… ma qui è veramente troppo, è uno svilimento della professionalità.

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