Questa settimana, al teatro dell’Elfo Puccini, ho visto uno spettacolo senza pretese ma di grande potenza narrativa. Un testo interessante e semplice reso a tratti poetico e goffamente comico.
La scena è scarna, povera ma assolutamente funzionale. Mette in atto tutto lo sforzo che richiede Shakespeare nel’Enrico IV lasciando che lo spettatore addobbi la sala, vesta elegantemente i protagonisti, e immagini un mondo e un epoca che non ci sono più. Essendo ambientato all’interno di un carcere, dentro il quale si narrano le vicende di uno dei personaggi è un’ottimo escamotage decisamente ben riuscito. Tornare ad essere bambini e giocare con gli attori in scena è un regalo che vale sicuramente la pena di accettare.
Storia di amori omosessuali, di famiglie che inseguono se stesse, di verità dimenticate o rimosse, gelosia, queste cose sono le vere protagoniste della storia che gli attori orchestrati da Lorenzo Fontana mettono in scena, portandoci dentro una storia che richiede uno sforzo immaginativo iniziale, ma una volta fatto ed entrati nella vicenda, ci coccola e ci regala momenti di interazione che sanno gestire al meglio con pochi mezzi.
Questo spettacolo ci dimostra, che in uno spazio e con solo una sedia, si possono avere grande emozioni e grandi scambi comunicativi tra il pubblico e il palcoscenico. Vero è che il teatro italiano è senza soldi e finanze di alcun genere a causa dei tagli, però si è dimostrato che con pochi mezzi e molta voglia di fare si può lavorare. Auguro alla compagnia di essere ripagati in ogni modo per lo sforzo che gli artisti devono compiere contro l’impunità di una classe politica bieca e ottusa, ingrassata dai nostri sacrifici.